Commiato: a vietarle il piano

Poesia di John Donne

Come quieti i saggi spirano
e sussurrano all’anima di esalare,
mentre qualche amico mesto dice:
si spegne ora il respiro, e altri: non ancora,

così sciogliamoci, senza rumore.
Non flutti di lacrime. Non tempeste di sospiri.
Sarebbe profanare le nostre gioie
dire ai profani il nostro amore.

Il moto della terra porta mali, paure,
l’uomo pondera l’evento e il suo significare;
ma il trepidare delle sfere è innocente,
anche se tanto più vasto.

L’amore degli ottusi sublunari amanti
(la cui anima è il senso)
non sa ammettere l’assenza che rimuove
proprio le cose che gli furono d’elemento,

ma noi, per un amore così raffinato,
da non saper noi stessi cosa sia,
nella mutua certezza della mente
meno temiamo perdere occhi, labbra e mani.

Le nostre due anime così che sono una,
sebbene io debba andare, non subiscono
frattura, ma un’espansione, come oro
che alla più eterea lamina è battuto.

Se anche sono due esse lo sono
come i rigidi gemelli del compasso sono due;
la tua anima, il piede fisso, non dà segno
di moto, ma si muove al moto altrui.

Sebbene fisso al proprio centro stia
quando l’altro se ne va lontano
a seguirlo si inclina e l’asseconda
e torna dritto al suo tornare al punto.

Così sarai per me che devo
come l’altro piede obliquamente andare.
La tua fermezza rende perfetto il cerchio
e dove incominciai, là mi fa finire.