Riso

Poesia di Wisława Szymborska

La ragazzina che ero - 
la conosco, ovviamente.
Ho qualche fotografia 
della sua breve vita.
Provo un'allegra pietà 
per un paio di poesiole.
Ricordo alcuni fatti.

Ma, 
perché chi è qui con me 
rida e mi abbracci 
rammento solo una storiella:
l'amore infantile 
di quella bruttina.

Racconto 
com'era innamorata di uno studente, 
cioè voleva 
che lui la guardasse.

Racconto 
come gli corse incontro 
con una benda sulla testa sana 
perché almeno, ah, le chiedesse 
cos'era successo.

Buffa piccina.
Come poteva sapere 
che anche la disperazione dà benefici 
se si ha la fortuna 
di vivere più a lungo.

Le pagherei un dolcetto.
Le pagherei il cinema.
Vattene, non ho tempo.

Eppure vedi 
che la luce è spenta.
Certo capisci 
che la porta è chiusa.
Non scuotere la maniglia - 
quello che ha riso, 
quello che mi ha abbracciato, 
non è il tuo studente.

Faresti meglio a tornare 
da dove sei venuta.
Non ti devo nulla, 
donna qualunque, 
che sa solo 
quando 
tradire un segreto altrui.

Non guardarci così 
con quei tuoi occhi 
troppo aperti, 
come gli occhi dei morti.