La Pentecoste

Poesia di Alessandro Manzoni

Madre de' Santi, immagine 
della città superna; 
del Sangue incorruttibile 
conservatrice eterna; 
tu che, da tanti secoli, 
soffri, combatti e preghi, 
che le tue tende spieghi  
dall'uno all'altro mar;  
 
campo di quei che sperano; 
Chiesa del Dio vivente; 
dov'eri mai? qual angolo 
ti raccogliea nascente, 
quando il tuo Re, dai perfidi 
tratto a morir sul colle 
imporporò le zolle 
del suo sublime altar?  
 
e allor che dalle tenebre 
la diva spoglia uscita, 
mise il potente anelito 
della seconda vita; 
e quando, in man recandosi 
il prezzo del perdono, 
da questa polve al trono 
del Genitor salì;  
 
compagna del suo gemito, 
conscia de' suoi misteri, 
tu, della sua vittoria 
figlia immortal, dov'eri? 
in tuo terror sol vigile, 
sol nell'obblio secura, 
stavi in riposte mura 
fino a quel sacro dì,  
 
quando su te lo Spirito 
rinnovator discese, 
e l'inconsunta fiaccola 
nella tua destra accese 
quando, segnal de' popoli, 
ti collocò sul monte, 
e ne' tuoi labbri il fonte 
della parola aprì.  
 
Come la luce rapida 
piove di cosa in cosa, 
e i color vari suscita 
dovunque si riposa; 
tal risonò moltiplice 
la voce dello Spiro: 
l'Arabo, il Parto, il Siro  
in suo sermon l'udì. 
 
Adorator degl'idoli,  
sparso per ogni lido, 
volgi lo sguardo a Solima, 
odi quel santo grido: 
stanca del vile ossequio, 
la terra a LUI ritorni: 
e voi che aprite i giorni 
di più felice età,  
 
spose che desta il subito 
balzar del pondo ascoso; 
voi già vicine a sciogliere 
il grembo doloroso; 
alla bugiarda pronuba 
non sollevate il canto: 
cresce serbato al Santo 
quel che nel sen vi sta.  
 
Perché, baciando i pargoli, 
la schiava ancor sospira? 
e il sen che nutre i liberi 
invidiando mira? 
non sa che al regno i miseri 
seco il Signor solleva? 
che a tutti i figli d'Eva 
nel suo dolor pensò?  
 
Nova franchigia annunziano 
i cieli, e genti nove; 
nove conquiste, e gloria 
vinta in più belle prove; 
nova, ai terrori immobile 
e alle lusinghe infide, 
pace, che il mondo irride, 
ma che rapir non può. 
 
O Spirto! supplichevoli 
a' tuoi solenni altari; 
soli per selve inospite; 
vaghi in deserti mari; 
dall'Ande algenti al Libano, 
d'Erina all'irta Haiti, 
sparsi per tutti i liti, 
uni per Te di cor,  
 
noi T'imploriam! placabile 
spirto discendi ancora, 
a' tuoi cultor propizio, 
propizio a chi T'ignora; 
scendi e ricrea; rianima 
i cor nel dubbio estinti; 
e sia divina ai vinti 
mercede il vincitor.  
 
Discendi Amor; negli animi 
l'ire superbe attuta: 
dona i pensier che il memore 
ultimo dì non muta: 
i doni tuoi benefica 
nutra la tua virtude; 
siccome il sol che schiude  
dal pigro germe il fior; 
 
che lento poi sull'umili 
erbe morrà non colto, 
né sorgerà coi fulgidi 
color del lembo sciolto 
se fuso a lui nell'etere 
non tornerà quel mite 
lume, dator di vite, 
e infaticato altor. 
 
Noi T'imploriam! Ne' languidi 
pensier dell'infelice 
scendi piacevol alito, 
aura consolatrice: 
scendi bufera ai tumidi 
pensier del violento; 
vi spira uno sgomento 
che insegni la pietà.  
 
Per Te sollevi il povero 
al ciel, ch'è suo, le ciglia, 
volga i lamenti in giubilo, 
pensando a cui somiglia: 
cui fu donato in copia, 
doni con volto amico, 
con quel tacer pudico, 
che accetto il don ti fa. 
 
Spira de' nostri bamboli 
nell'ineffabil riso; 
spargi la casta porpora 
alle donzelle in viso; 
manda alle ascose vergini 
le pure gioie ascose; 
consacra delle spose 
il verecondo amor.  
 
Tempra de' baldi giovani 
il confidente ingegno; 
reggi il viril proposito 
ad infallibil segno; 
adorna la canizie 
di liete voglie sante; 
brilla nel guardo errante 
di chi sperando muor.