La canonizzazione

Poesia di John Donne

Basta parole per carità, lasciatemi al mio amore.
Rimproveratemi il tremito o la gotta,
irridete i cinque capelli grigi o la fortuna distrutta,


arricchitevi, con le arti miglioratevi,
fate carriera, trovate un posto, ossequiate
Sua grazia e Suo onore, contemplate
il Re in persona, o al suo volto in effigie,
fate quel che volete,
ma lasciatemi al mio amore.

Chi mai ho danneggiato con il mio amore?
Che mercantili ho affondato di sospiri?
A chi ho inondato di lacrime il podere?
Fu mai spento un primo vere dai miei geli?
E gli ardori delle mie vene aggiunsero
un altro nome alla lista della peste?
Altre guerre trovano i soldati, e ancora
gli avvocati contendenti a muovere querele,
anche se io e lei siamo in amore.

Dateci i nomi che volete, così ci ha fatto amore.
Ditemi mosca, di lei ditelo pure,
noi siamo anche le candele,
di noi stessi moriamo, in noi troviamo
l'aquila e la colomba. Da noi l'enigma
della Fenice è reso più perspicuo:
noi lo siamo: noi due che siamo uno.
A un unico indistinto i sessi convenuti, ..
identici moriamo e risorgiamo, .
fatti misteriosi da questo amore.

Se non è dato vivere d'amore, si può morirne.
Se non adatta a feretri e a sepolcri
la nostra leggenda trascorrerà nei versi.
Se nelle cronache non ci sarà spazio
belle stanze ci faremo nei sonetti,
ugualmente s'addicono a ceneri d'eletti
l'urna raffinata, la tomba più importante.
E grazie a questi inni tutti plaudiranno
noi canonizzati per amore,

E invocheranno: voi che sacrale amore
ha fatto mutuo romitorio, voi per cui
fu pace l'amore che ora è furia, voi che aveste
l'anima del mondo racchiusa, e attratti
nel cristallo degli occhi (fatti specchi,
fatti spie, che di tutto a voi fecero compendio)
paesi, Corti e città, impetrate per noi dall'alto
un calco del vostro amore!