Io non cerco l’armonia della natura.
Una razionale armonia del creato
Né in seno alla rocce, né nel cielo sereno
Io finora, ahimé, non ho rilevato.
Il suo mondo indocile è impenetrabile!
Nell’accanito canto del vento
Non coglie il cuore le giuste consonanze,
Nell’anima voci concordi non sento.
Ma nel placido tramonto d’autunno,
Quando lontano il vento già tace,
Quando preda di un debole chiarore,
La notte cieca sul fiume giace,
Quando, stanca del moto impetuoso,
Dell’inutile fatica provata,
Nel trepido dormiveglia dello sfinimento
Già si acquieta l’acqua oscurata,
Quando l’immenso mondo dei contrasti
Si sazia di un gioco infecondo, –
Come prototipo dell’umana sofferenza
Mi appare dal mare più profondo.
E in quest’ora la triste natura
Giace intorno e a fatica respira,
E non l’è cara la selvaggia libertà,
Dove dalla pace è inseparabile l’ira.
E si sogna l’asse di una turbina,
E il suono ritmico di un lavoro sensato,
E un canto di trombe, e un bagliore di diga,
E il cavo elettrico di corrente colmato.
Così, assopendosi nel suo giaciglio,
Una madre folle ma di grande affetto,
Nasconde in sé l’alto mondo del bimbo,
Per scorgere il sole col suo figlio diletto.