Marte, mal assestissimo poltrone
Cosi sotto una donna non si reca
E non si fotte Venere alla cieca,
Con molta furia e poca discrezione.
Io non son Marte, e son Ercol Mangone,
E fotto voi, che sete Angiola Greca,
E s’or qui meco avessi la ribeca,
Vi fotterei suonando una canzone.
E voi, signora mia dolce consorte
Nella potta ballar faresti il cazzo
Menando il cul, ed in spingendo forte
Signor io con voi facendo sguazzo
Temo che amore non mi dia la morte
Con le vostr’armi essendo cieco e pazzo.
Cupido è mio ragazzo,
E come figlio guarda l’arma mia
Per sacrarla alla dea poltroneria.